23 Feb AL RISTORANTE IL MERLO VINCE VEGA SICILIA
NEL BICCHIERE LA GRANDE SPAGNA, NEL PIATTO LE RICETTE ‘CULT’ DI ANGELO TORCIGLIANI
GRANDI VINI ALLA CIECA E GRANDI SAPORI NEL PIATTO
AL RISTORANTE IL MERLO DI LIDO DI CAMAIORE
Ma che bello degustare rigorosamente alla cieca alla scoperta di annate, vigneti, regioni, vitigni da valutare e apprezzare senza avere condizionamenti, preconcetti, o etichette blasonate che, solo per ammirarle sul tavolo, ti prende subito quel genuflesso timore reverenziale.
L’esperto conoscitore, collezionista e appassionato estimatore di grandi vini Alessio Giannecchini ha così escogitato, in un piovoso lunedì di febbraio, un gioco eno-edonistico per i suoi amici commensali: lasciando per un giorno nella sua incredibile cantina le gemme più preziose (dai più grandi e inarrivabili Chateaux bordolesi ai big della fascia over the top della Borgogna)… si è divertito a ‘stagnolare’ bottiglie comunque molto importanti, il tutto volutamente senza una logica ben precisa.
Lo spirito era solo quello del confronto bendato tra zone, annate e tipologie. Ma anche quello di bere, per quest’ennesima volta, ad alti livelli. Le note di degustazione, che seguono, sono a cura di Leonardo Albertini, un giovane ma già ‘eno-esperto’ nonché piccolo produttore ‘garagista’.
Il geniaccio di chef (‘cuciniere’) Angelo Torcigliani ci ha messo del suo, creando appositamente piatti adatti all’uopo.
Rigorosamente a pranzo, come oggi è d’obbligo, è andata così in scena sulla tavola-palcoscenico del ristorante Il Merlo di Lido di Camaiore una giornata di pura goduria in cui, sia nelle bottiglie che nelle proposte gastronomiche, si sono registrati picchi elevatissimi di alta cucina e grande sapienza enologica.
I VINI: I NOSTRI ASSAGGI
Note di degustazione di Leonardo Albertini
BIANCO D’APERTURA:
Mersault Genevrières, François Mikulski, 2010
Un’apertura convincente che ha messo alla dura prova i degustatori nella sua individuazione alla cieca. La morbidezza e una leggera nota lattica ci hanno portato inizialmente fuori strada ma, dopo pochi minuti nel calice, entrambe si sono ben integrate alla salinità e alla buona spalla acida, mostrando così tutte le caratteristiche della sotto-zona di appartenenza, ovvero Mersault.
BRILLANTE 88/100
1° BATTERIA
Colline Lucchesi, Tenuta di Valgiano, 2004
Si mostra fin da subito come un rosso toscano di grande eleganza e persistenza. Un bouquet ricco che spazia dalle rose appassite alla liquirizia, con richiami di pelle appena lavorata. Riassaggiato dopo qualche ora non teme il confronto con alcuni mostri sacri delle batterie successive.
RIVELATORE 92/100
Barolo Riserva Bricco Boschis, Cavallotto, 2004
Nebbiolo che se all’olfatto richiama uno stile etereo e impalpabile, concedendo soprattutto note di ribes, gelso e cipria… all’assaggio timbri più profondi e duri di china, sottobosco e un tannino mediamente astringente fanno perdere grip e scorrevolezza.
ETEROGENEO 86/100
2° BATTERIA
Colli di Salerno, Montevetrano, 1995
Blend atipico di Cabernet Sauvignon, Aglianico e Merlot, che mostra fin da subito un’importante concentrazione di frutti rossi maturi ben integrati a nuance di lavanda, cacao dolce e sensazioni mentolate. L’attacco in bocca è largo e molto pieno per proseguire poi con una buona persistenza.
MEDITERRANEO 91/100
Ribera del Duero, Vega-Sicilia “Unico”, 1979
Bottiglia aperta e subito versata nel calice. All’olfatto apre con sensazioni evolute di polvere da sparo e tabacco biondo per poi tornare indietro, dopo meno di un’ora, su primari di grande intensità e fragranza. All’assaggio mantiene una trama nitida e cristallina per più ore, confermandosi senza alcun dubbio il vino del giorno. Una di quelle bottiglie che tocca il cuore nel profondo.
AMMALIANTE 97/100
3° BATTERIA
Brunello di Montalcino Riserva, Biondi Santi, 1998
Grande riconoscibilità della zona di appartenenza, nonostante la bottiglia non sia nella sua miglior forma riesce a mantenere un’ottima freschezza e pulizia nel calice. Apre con toni di frutto rosso pieno e scuro, violetta appassita, per evolversi velocemente verso il fungo secco, spezie dolci e vaniglia; la trama tannica è vellutata e suadente con un finale di grande persistenza che confermano una delle etichette simbolo della denominazione.
SETOSO 93/100
Barbaresco Santo Stefano di Neive Etichetta Rossa, Bruno Giacosa, 1998
Naso caleidoscopico che concede lentamente frutta sotto spirito, marmellata di prugne, tartufo e pietra focaia. Il sorso è pieno e vivo, con tannini dolci perfettamente sorretti da un’acidità importante. Una potenza senza peso.
PURO 95/100
I PIATTI
SOSTANZA E SAPORI
“La cucina fortemente personale di Angelo Torcigliani”
di Gianluca Domenici
Confesso che ho un debole per la mano decisa di chef Torcigliani. E questo da anni non sospetti, vale a dire già dalla fine degli anni ’90 quando avevo la fortuna di partecipare a ‘cene clendestine’ organizzate nella sua splendida gastronomia-enoteca Claudio, alle porte di Camaiore.
Da quell’epoca ne ha fatta di strada questo ‘cuciniere’ dall’aspetto di eterno ragazzone. Prima con l’apertura del suo ristorante Il Merlo proprio di fianco al negozio. Poi, e siamo agli ultimi anni, con la grande sfida di un moderno ristorante di pesce (e ovviamente anche terra) proprio sulla spiaggia di Lido, nel prestigioso Bagno Ariston.
Cultore e conoscitore di cibi e ricette francesi (in vacanza va sempre là girovagando tra storici bistrot e stellati), ma anche della lurida e cruda Inghilterra tradizionale (basti pensare a un suo riferimento come Fergus Henderson del St. John di Londra), Angelo Torcigliani interpreta soprattutto l’italianità più vera, quella delle antiche ricette. Il tutto però riletto con le tecniche di cucina del momento.
Il suo stile, nel piatto, lo riconosci: materie prime trattate con rispetto, con i guanti bianchi, per non scalfirne nemmeno un millesimo di sapore. Poi il coraggio di proporre abbinamenti di sapori senza compromessi, scorciatoie. Così, che si tratti di carne o di pesce, il boccone avrà sempre il suo carattere, un gusto sempre intenso.
Difficile scegliere il piatto del giorno, tra un paté che ci ha fatto letteralmente ‘ululare’ per poi passare alla sfiziosità degli sparnocchi croccanti coi ricci di mare, piatto in cui c’era tutto: equilibrio, sapori, differenze di temperature e di consistenze.
II gioco dei 3 assaggi di 3 differenti paste ripiene è stato anch’esso fonte di gioia sensoriale. Nel primo la dolcezza dell’astice flirtava da dio con la ‘américaine’ (si chiama americana ma trattasi di salsa francese). Poi ci siamo trovati d’improvviso in campagna con ricotte, erbe e cavoli ricci, golose freschezze.
I cappelletti di stracotto di mamma Emiliana, lo sanno tutti da anni, sono a pieno titolo entrati nel novero dei piatti cult della Versilia, dunque inutile soffermarci per l’ennesima volta su questo.
Il piatto del Germano rientra invece in quella categoria libidinosa che si tende a chiamare “food-porn”: piatto monumentale.
Infine, per il millefoglie di Angelo vale lo stesso discorso dei cappelletti: entrambi, anche da soli, valgono il viaggio al Merlo…
foto di copertina: Laura Botarelli
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