11 Mar CRISTIANO TOMEI IN OTTANTAFAME
PER LA RASSEGNA
“I GRANDI PRANZI DI PASPARTU”,
GLI ANNI ’80
E I CELEBRI VINI TOSCANI
DEL CASTELLO DEL TERRICCIO
Un pranzo-giornata-evento negli incantevoli scenari della prestigiosissima azienda vinicola
La cucina e gli anni ’80: molti riconducono tutto alla allora imperante ‘nouvelle cuisine’ di stampo francese, come se tutto, in quell’epoca, si limitasse solo a quello. Niente di più sbagliato e fuorviante.
In realtà, da noi in Italia, è stato un periodo di grande opulenza, di intensi sapori. Un momento cruciale, un grande contenitore di ricette e ingredienti dal quale, oggi, nella nostra cucina contemporanea si attinge a piene mani.
In un assolato e freddo sabato di fine febbraio, per la rassegna di successo “I Grandi Pranzi di Paspartu”, abbiamo avuto la fortuna di compiere un viaggio in quel mondo lì, quello degli anni ’80.
Burro, panna fresca, prezzemolo, mugnaia, salsa al pepe verde, insalata russa, caesar salad. Quanti profumi, quanti ricordi.
Ma alla fine… sapete qual è stata la sensazione unanimemente provata da tutti gli incantati commensali?
Non quella di aver gustato “i piatti degli anni ’80” ma, semmai, l’aver gustato “i piatti come dovevano essere cucinati negli anni ’80!”. E tutto per merito di un grande chef contemporaneo.
Cari lettori, non avete idea di quanta magia e quanta sostanza abbiamo trovato in questo viaggio nel tempo e nel gusto, scoprendo “tre-gioielli-tre”… davvero incredibili: un’ambientazione d’altri tempi, una line up di piatti frutto di un visionario genio della cucina e, infine, eleganti vini di alto lignaggio, veri ambasciatori dell’eccellenza toscana e italiana nel mondo.
Vediamo il reportage del Pranzo-Evento OTTANTAFAME, andato in scena a Castellina Marittima al ristorante Terraforte della celebre azienda vinicola Castello del Terriccio. Ai fornelli chef Cristiano Tomei. Special guest lo scrittore Carlo Spinelli alias Doctor Gourmeta.
“Oggi ci sarà l’olio extravergine del Terriccio ma… anche il burro e la panna fresca! La panna, negli anni ’80, era ovunque, ma era la panna ‘cattiva’, quella delle scatolette, e quella non la considero nemmeno panna.
Oggi avrete la panna fresca da affioramento che è buonissima, un grasso nobile, che è poi la mamma del burro, altro grasso nobile.
Perché come c’è differenza tra olio e olio, la stessa cosa è tra panna e panna, e burro e burro.”
Cristiano Tomei
“OTTANTAFAME”
GLI ANNI ’80 NEI PIATTI DI CRISTIANO TOMEI
OSTRICHE ALL’ARRABBIATA
Ostrica con acqua di pomodoro ed estratto di peperoncino. Prezzemolo. Freschezza e sapore, grande starter.
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CROCCHETTA DI SPAGHETTI AGLI SCAMPI
Scampo passato da un’impastatura (da rotture di spaghetti secchi anziché la classica impanatura) e poi fritto. A fianco un’insalata di verdure fermentate e leggermente affumicate e un estratto di ginepro coccolone e un gambero rosso.
Sfizio allo stato puro.
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NASELLO ALLA MUGNAIA DI LAVANDA
Un classico della cucina francese che negli anni ’80 imperava era la ‘sole meunière’, la sogliola alla mugnaia. Tomei ha scelto un pesce che troviamo solo nel Mediterraneo, il nasello. La panatura è con alghe nostre, non orientali. Un finocchio cotto nel Martini, una salsa (deliziosissima) alla mugnaia al profumo di lavanda, bottarga di muggine. Piatto che ha scaturito mugolii in sala.
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RAVIOLO COME UN PANINO
Sfoglia con farina e, al posto delle uova, un burro d’arachidi. Pieno con mortadella, parmigiano e burro d’arachidi. La netta sensazione di addentare un gustoso panino con la mortadella!
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RISO ASCIUTTO CON PANNA MONTATA ALL’EXTRAVERGINE
Riso asciutto cotto in un brodo di patate passate sulla brace. Polvere di eucalipto e un po’ di brodo di crosta di parmigiano. Sopra, la panna montata all’extravergine.
Tutti abbiamo girato il contenuto nella scodellini, su esplicito invito dello chef, e d’incanto nel piatto si è presentato un “riso perfettamente mantecato all’olio”… Panna e olio…
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PENNONI PANNA E PROSCIUTTO
Burro affumicato, panna e ‘prosciutto’ crudo di Langhirano. Il ‘prosciutto’ non è nella salsa ma appoggiato sopra. In realtà Tomei ci dice che stavolta non si tratta di prosciutto ma di spalla: “e questa spalla – sottolinea – batte 25 a zero qualsiasi prosciutto spagnolo”. Potenza gustativa impressionante. E ricordi d’infanzia.
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ROVELLINA AL PEPE VERDE
“Un omaggio alla mia terra – declama Tomei – Viareggio, Camaiore fino a Lucca”. È una rovellina, fettina di vitella impanata e fritta. Questa volta Tomei la veste di anni ’80: fritta e poi messa in infusione con una salsa al pepe verde (il filetto al pepe verde è uno dei piatti più iconici degli anni ’80). Il purè di patate, bagnato da un fondo di vitella, è in stile ‘Robuchon’, uno a uno, ovvero un chilo di patate, mezzo chilo di burro e mezzo litro di latte. Comfort.
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POLLO COME UNA CAESAR SALAD
Qui un pollo del Valdarno, cotto in un brodo di croste di parmigiano, poi passato nella padella di ferro. Lattuga romana marinata nel concentrato di pomodoro, moutarde à l’ancienne, salsa di pollo. Molto meglio di una caesar.
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LA PIZZA DOLCE COME ALL’AUTOGRILL
La pizza in Italia da sempre ha avuto una valenza culturale importantissima, ma ecco un paradosso: se la pizza ha avuto un successo planetario è anche un po’ per merito degli Stati Uniti, perché se è vero che laggiù è arrivata grazie agli italiani, il successo si è avuto grazie al contenitore in cartone progettato dagli americani. Grazie alla ‘scatola della pizza’, la pizza si è diffusa in tutto il mondo. Cristiano omaggia la pizza ma anche la scatola, anche se sottolinea “La pizza portata a casa nel cartone è la cosa più cattiva che esista sulla faccia della terra”.
Ma anche questo ricordo del cartone, per una pizza con amici… fa parte degli anni ’80. Questa pizza, attenzione, è il primo dei dessert di fine pranzo. Pomodoro, aglio, olive, capperi e olio extravergine. Ma è un dolce.
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PONCE CON LA PANNA ALLA LIVORNESE
Crema montata all’anice, spuma al caffè, gelatina di rum.
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GELATO ALLA CANNELLA
Un omaggio dello chef alle ‘scingomme’ (cheving gum) Cinnamon della Brookling (sapore di cannella): insieme alle altrettanto note Big Babol, erano le gomme da masticare per eccellenza degli anni ’80.
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CRISTIANO TOMEI
Cristiano Tomei, viareggino con origini miglianesi (camaiore) è oggi un indiscusso personaggio televisivo nonché divulgatore culturale del miglior cibo italiano. Guascone, diretto, sarcastico, toscanaccio, il suo stile verbale ha conquistato gli autori dei più noti programmi televisivi, da Sky a Gambero Rosso fino a TV8 con la celebre trasmissione “Cuochi d’Italia”. Ma Tomei è soprattutto un genio della cucina, ed il successo del suo ristorante L’Imbuto al Palazzo Pfanner di Lucca lo dimostra. Oltre alla prestigiosa consulenza con l’hotel Bauer Palazzo di Venezia, lo chef segue in prima persona tutto il progetto food legato al Castello del Terriccio, compreso la linea del ristorante Terraforte (aperto a pranzo e a cena dal mercoledì alla domenica) che porta la firma Cristiano Tomei.
LO SPECIAL GUEST:
CARLO SPINELLI
Ospite della giornata, “a dare il la” a tutto il convivio è stato Carlo Spinelli alias Doctor Gourmeta: giornalista, scrittore, e collaboratore di Italia Squisita, il simpatico critico gastronomico e di costume è partito da Milano per portare all’evento il suo libro di successo “Ottantafame”.
In questo libro i piatti iconici degli ’80, risotto alle fragole, filetto al pepe verde e altri ancora in un racconto scherzoso, emozionale e allegramente nostalgico.
Spinelli dedica un capitolo alla politica, sul dove andavano a mangiare Craxi o Pertini. Ci parla – ahinoi – di quando l’Italia era al quinto posto per la ricchezza nel mondo. Sottolinea come negli ’80 siano nati Slow Food, il Gambero Rosso, l’associazione del cibo biologico e sia esploso il vegetarianesimo, con la comparsa delle prime punte di veganesimo. Ma molti altri sono gli spunti che Spinelli ci ha anticipato e che si apprezzano in Ottantafame.
UN MONDO A PARTE CHIAMATO CASTELLO DEL TERRICCIO
Si entra nella tenuta in auto, si apre una sbarra e si entra in 1500 ettari (!) di proprietà fra boschi, campagna coltivata, oliveti (40 ettari) e vigneti curatissimi a perdita d’occhio (60).
Attraversiamo i terreni dove pascolano libere le vacche di razza Limousine.
La proprietà è la medesima da un secolo: prima, del Cavaliere Gian Annibale Rossi di Medelana, oggi ereditata dal nipote Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana che sarà a pranzo con noi.
Arriviamo alla sommità di una dolce collina e ci accoglie il sorriso contagioso di Annalisa Gilli, la giovane responsabile dell’accoglienza del castello e ci conduce, assieme agli ospiti di questa affascinante giornata, alla scoperta dell’antico borgo.
Il vecchio casale, un tempo adibito a falegnameria, oggi è Terraforte, il ristorante che oggi ci ospiterà.
Fuori, un panorama da urlo, con ampie e dolci vallate che diradano dolcemente verso il mare mare di Rosignano con i suoi colori caraibici e su cui galleggia l’arcipelago toscano, e la Corsica proprio lì davanti che sembra di toccarla.
Il borgo, silenzioso e in attesa di un rinnovo che lo renderà ancor più magico di quanto già lo sia ora, è davvero suggestivo: quindici casali, vecchie case che un tempo ospitavano 50 famiglie e che tra poco costituiranno un borgo diffuso, scorci, una chiesa restaurata alla perfezione, un granaio oggi trasformato in una sala conferenze ed eventi, un orto che un tempo era coltivato dai frati della zona.
E poi la magia delle cantine e delle barriccaie dove si producono vini, Lupicaia in primis, che tutto il pianeta, a qualsiasi latitudine, ci invidia.
MONSIEUR LUPICAIA E I GRANDI VINI DEL CASTELLO DEL TERRICCIO
Siamo intorno alla fine degli anni ’90 e chi scrive era da poco diplomato sommelier Ais. All’epoca esplose il fenomeno dei supertuscan, ed anch’io non mi sottraevo di certo alla degustazione di questi ‘grandi toscani nel bicchiere’. Ricordo che un importante sommelier di un noto ristorante toscano mi propose il Lupicaia, che all’epoca non conoscevo.
Dopo l’assaggio ne intuii da subito le immense doti e potenzialità, legate soprattutto alle eleganti mineralità. Sono passati più di 20 anni da allora e questo vino, nel frattempo, è divenuto uno dei più celebri brand legati al vino italiano d’eccellenza.
Il cavalier Gian Annibale ci aveva visto lungo quando decise di impiantare vitigni tradizionali di ispirazione bordolese, visto che i vini del Terriccio sono oggi apprezzati in tutto il mondo proprio per l’adattamento di queste varietà ad un terroir ‘sassoso’ che rende i vini stessi unici nel loro genere.
Oggi a tavola abbiamo avuto il piacere di gustare tutti e 4 i vini aziendali, con due vendemmie 2010 nei due cavalli di razza del Castello.
L’unico a bacca bianca è il Con Vento 2020, da viognier e sauvignon. Fresco, pulito, minerale, un vino che per compostezza e precisione riporterebbe di più a regioni più fredde come, ad esempio, l’Alto Adige e non, come spesso purtroppo accade, a certe opulenze sgraziate di tanti bianchi toscani. Ottimo inizio.
Il Tassinaia annata 2017 da uve cabernet sauvignon, bordeaux e syrah, ad un ingresso deciso in bocca fa corrispondere una persistenza di grande piacevolezza. Un vino toscano perfetto per accompagnare qualsiasi pasto, dall’inizio alla fine.
Il Castello del Terriccio 2010 è un vino per intenditori, per quelli che sanno cogliere le sfumature. Naso di prugna, e dell’immancabile ciliegia del syrah. Conquista per essere non un vino morbido e carico (l’uso del legno in questo caso è davvero sapiente) semmai per la scorrevolezza di beva che riporta alla Francia. Syrah in prevalenza e petit verdot con altre varietà, nonostante gli anni sulle spalle il vino mantiene le sue integrità.
Infine ecco “sua maestà” Lupicaia (cabernet sauvignon, merlot 10% e petit verdot 5%), anche lui nella versione 2010. Il sorso si fa più scuro, complesso, articolato, pieno, intenso. Vivo e non rilassato: il tannino del 2010, rispetto ad altre più levigate annate, è stato un po’ difficile da domare, ma tutto il resto che troviamo in questo vino di indubbia complessità riesce comunque a riportarlo in equilibrio. Un cabernet espressione di questo preciso territorio.
Foto Giulio Paladini
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