JULIAN BIONDI E LA MIXOLOGY

INTERVISTA CON IL BARTENDER, GIORNALISTA E DIVULGATORE,

“PREMIO TUSCANY AMBASSADOR” ALL’ULITMA EDIZIONE DEL TUSCANY SPIRIT FESTIVAL DI PIETRASANTA

Ciao Julian, partiamo dall’attualità: adesso di cosa ti stai occupando? Sai, la domanda è lecita vista la tua versatilità… Partiamo da Fermenthinks

Fermenthinks è una piccola distilleria e liquorificio che ho aperto poco più di due anni fa insieme ai due amici e soci Stefano Cicalese e Matteo Di Ienno.

 

Di cosa vi occupate

Di produzioni in conto terzi di liquori e distillati, con due punti di forza: il primo è la personalizzazione totale di ogni ricetta; per noi ogni cliente è unico e vogliamo interpretare al massimo quelli che sono i suoi pensieri e il suo progetto, per cui ogni volta “si parte da zero”. Il secondo è la possibilità di fare piccoli lotti, in modo da consentire a chiunque, con un investimento contenuto, di portare avanti il suo progetto. E idealmente, dato che tutti e tre veniamo dal mondo del bar, anche di avere clienti che siano ristoranti, bar o agriturismi, che vogliono proporre qualcosa di unico e personale.

 

Poi la tua attività di giornalista, dove scrivi attualmente e di cosa scrivi

Ho iniziato a scrivere di bar dopo i miei studi in Comunicazione, Media & Giornalismo. È stato per me un modo di unire il mio percorso universitario a quello che stava diventando il mio percorso professionale, il bartending. Attraverso l’invio spontaneo di un articolo a Bargiornale, ho iniziato a collaborare con loro, cosa che ancora faccio da quasi un decennio. Più di recente mi sono aperto anche ad altre collaborazioni, per cui ho una rubrica mensile sul cartaceo di Gambero Rosso e scrivo per un nuovo progetto indipendente legato al mondo del vino, chiamato Versanti.

Distilleria Fermenthinks

Infine “Seeds Pop Up”, raccontaci di che si tratta

Seeds Pup Up è un sogno nel cassetto mio e di mia moglie Anastasia. L’idea di creare un bar al cui centro ci fosse la sostenibilità, un argomento molto in voga e troppo frainteso. Vogliamo parlarne in una maniera che tutti possano comprenderlo, ovvero comunicando all’organo più ricettivo che abbiamo: lo stomaco. È un progetto difficile, perché essere un “temporary bar” implica avere la forza mediatica di farsi conoscere e farsi “seguire” subito, in un lasso di tempo molto breve che è quello della tua apertura. Per ora, dopo il primo anno, è rimasto un po’ sospeso. Stiamo facendo solo degli eventi spot, magari anche solo di un giorno, per tenere viva la fiamma e per continuare a portare avanti il nostro messaggio.

Mixology, ci spieghi bene cosa significa questa parola?

La mixology non è altro che la capacità di miscelare delle bevande alcoliche insieme, creando qualcosa di buono. Per quanto il termine “mixologist” vada di moda nell’ultimo decennio, ha le sue radici molto addietro, nella metà dell’800. Il mixologist era un’altro modo di definire il mestiere neonato del bartender.

 

E quando è scoccata, per te, la scintilla con il mondo della mixology

Ho iniziato a fare il barman mentre studiavo, come lavoretto del fine settimana. Essendo vocato verso le scienze sociali ed essendo una persona curiosa per natura, è stato quasi automatico voler approfondire un mestiere in cui avevo a che fare con lo spettacolo gratuito migliore che c’è (la gente) e con un tema talmente vasto – quello del rapporto tra alcol, bevande miscelate e storia dell’uomo – che non mi avrebbe mai annoiato.

 

Facciamo un po’ di chiarezza: ci dici la differenza che c’è tra Barista, Barman e Bartender

Il barista è il barman diurno, specializzato nella caffetteria. Un mestiere che ora sta emergendo sempre più grazie al fatto che si dà un’attenzione sempre maggiore anche al mondo del caffè di qualità. Il barman e il bartender sono la stessa cosa, e generalmente lo si associa al lavoratore serale, quindi più specializzato nella creazione di cocktail.

Le tre caratteristiche che deve avere un buon bartender?

L’empatia, la capacità di immedesimarsi nell’altro e comprenderlo, è una caratteristica essenziale per poter accontentare al meglio il cliente. La curiosità, perché se non sei curioso ti ritrovi presto a capire che è un lavoro ripetitivo ed usurante, e non riuscirai a farlo a lungo con il giusto stimolo. In fine, consapevolezza: essere consapevoli che si sta facendo un lavoro che è comunque un mestiere umile ma con i suoi aspetti nobili (un amico ricordo che definì i bartender gli aristocratici della classe operaia), consapevoli che si lavora con l’alcol, un elemento che va saputo trattare perché se sei un barman è sempre intorno a te e disponibile, ed abusarne è facile. Ricordo quando iniziai 16 anni fa,
i barman più anziani erano quasi tutti degli alcolizzati o peggio; ora vedo che c’è molta più consapevolezza e rispetto del mestiere. Anzi, ora vedo che è un mestiere, mentre prima lo si vedeva più come una sistemazione temporanea.

 

Da dietro il bancone, ci racconti qual è stata la richiesta più strana che un cliente ti ha fatto

Non ricordo una richiesta strana in particolare, o perlomeno niente di eclatante. Però sono io che invece ho interpretato una volta una comanda in maniera molto strana: mi arriva una richiesta di un “Americano con il latte”. Chiaramente si trattava di un caffè americano, io invece prendo una bella bottiglia di Bitter, una di Vermouth, e al posto della soda ci metto un goccio di latte. Così, senza nemmeno riflettere. Mi avvicino al tavolo con questa brodaglia marrone e, nel secondo in cui sono davanti al cliente finalmente collego il cervello. Dissimulo sicurezza, faccio una giravolta, e torno a fargli il caffè.

 

Ma ora facciamo un gioco che potremmo ribattezzare al volo “Versilia da bere, Estate 2024”. Partiamo: arrivo al calar del sole in spiaggia a Forte dei Marmi, in dolce compagnia, che cocktail mi proponi

Sarò un po’ sempliciotto, però io quando vedo il mare lo associo al Rum o al Tequila. Quindi andrei volentieri su un Daiquiri o un bel Mojio fatto bene, oppure un Tommy’s Margarita, che è una versione del classico un po’ più gentile e meno alcolica. A base di Tequila 100% agave, nettare di agave e lime. Servito on the rocks.

Per un tramonto nella campagna della Versilia, immersi nel verde, che aperitivo mi prepari?

Io sarei più orientato verso un bicchiere di vino. Per cui, se proprio deve essere un cocktail, ti preparerei un drink che ho inventato di recente per il Consorzio del Morellino di Scansano, si chiama “Rewine”. Abbiamo una base consistente (60ml) di Morellino Riserva, accompagnato da un buon Schotch Whisky 12 anni, non torbato (Glenfarclays, 20 ml), un goccio (5ml) di zucchero e qualche goccia di Angostura. Shakerato e servito con ghiaccio.

 

Nel centro storico di Pietrasanta, circondati dall’arte, un cocktail please

Un drink da visionari e pensatori, un cocktail che gioca su sfumature di gusto e suggestioni, storie e un pizzico di idealizzazioni che quasi sfociano sul mitologico. Sto parlando di un ottimo Dry Martini, magari con un London Dry Gin toscano, che casco sempre in piedi.

Sul molo di Viareggio, il salmastro, le barche dei pescatori, si avvicina l’ora del pranzo in un caldo giorno di agosto, voglio stuzzicare l’appetito: cosa mi servi?

Sono un gran fan dei cocktail diurni, che devono essere beverini, a basso contenuto alcolico e sostanzialmente pericolosamente facili da bere. Io mi berrei un bel Vermouth (rosso) & Tonic. Un cocktail semplice e complesso, che stimola l’appetito e ha circa 5/6 gradi alcolici, per cui lo si beve volentieri anche in tarda mattinata, come aperitivo prima di pranzo.

 

E se volessi accostare un cocktail ad una catalana di scampi?

Ho insegnato per anni “Mixology & Food Pairing” in un’accademia d’arte culinaria. È una cosa possibile, sì, ma sono in pochi quelli che possono permettersi di farlo e ancora meno i clienti che hanno voglia di provarlo. Quindi, accanto ad una catalana di scampi, rimango volentieri su un buon vino bianco o una bollicina.

Passiamo al dopocena, un cocktail che ci suggerisci per questa estate 2024?

Il dopocena a me richiama distillati scuri, cocktail da pochi ingredienti e da un bel corpo alcolico. Mi bevo volentieri un Old Fashioned dopo cena. Magari con un whisky toscano. Magari con un Alighieri, il whisky di Fermenthinks, invecchiato prima in botte di rovere e poi in caratello di vin santo.

 

Tendenze e mode: cosa va più nel bicchiere adesso nella mixology

C’è la moda e la tendenza e poi c’è il mercato reale. A noi giornalisti piace molto pensare che ci siano delle tentenze che scalzeranno delle abitudini consolidate, ma in realtà ancora in Italia si bevono tonnellate di Spritz ad ogni ora e qualche Gin Tonic in più ogni anno. Poi ci sono alcuni cocktail che stanno prendendo piede.

 

Ad esempio?

Il Paloma o il Tommy’s Margarita. Sicuramente i distillati di agave stanno andando forte, e anche il mondo “low alcol” sta prendendo una fetta di mercato. In generale stanno nascendo una serie di liquori a basso grado, magari a base di vino, pensato perlopiù per l’aperitivo, che probabilmente rappresenteranno un trend futuro. Diciamo che se dovessi individuare una tendenza, è quella verso l’abbassamento dei gradi. Unita ad una maggiore ricerca di prodotti del territorio, per poter dire in ogni realtà, piccola e grande che sia, che “questo è il gin della zona / questo è l’amaro della città”. E questa è una tendenza molto interessante e stimolante.

Quant’è importante il ghiaccio nel cocktail?

L’acqua – e di conseguenza il ghiaccio – è l’ingrediente più importante di ogni cocktail. A seconda della tecnica utilizzata (shakerato, mescolato ecc…) un drink ha comunque un certo grado di diluizione, che è fondamentale per il raffreddamento del cocktail e per aprire al meglio le molecole dell’alcol, che sono sia idrofile che idrofobe. L’interazione con l’acqua è un passaggio fondamentale.

 

Un ingrediente senza il quale la storia del bere miscelato non sarebbe stata la stessa?

Se ne dovessi scegliere uno direi il Vermouth. Sia quello di Torino rosso che quello dry francese. Il cocktail è un prodotto culturale americano, ed è stato quando i barman americani sono entrati in contatto con i liquori tipici europei che la miscelazione ha acquisito una marcia in più, dando vita a centinaia di nuove ricette e alla prima grande “cocktail revolution”.

 

Tu hai girato in tutto lo stivale, in che zone d’Italia si beve meglio miscelato?

La cosa bella che vedo è che sempre più si beve bene un po’ ovunque, nel senso che anche in piccole località di provincia stanno nascendo cocktail bar di qualità, con un’offerta interessante, cosa che fino a pochissimi anni fa non c’era. Poi se devo stilare una classifica cittadina, metto in cima al podio Milano, seguito da Roma e infine Firenze.

E nel mondo quali sono invece le città o le località più “avanti” nella miscelazione

Recentemente la Spagna fa da padrona per la miscelazione più avanzata e sperimentale. Poi ci sono capisaldi come Londra, New York e Singapore. Ma l’occhio è ora molto puntato sul Centro e Sud America, in particolar modo il Messico. Sono stato recentemente e devo dire che ci sono realtà veramente interessanti, grazie anche al fatto che hanno – come noi – una varietà enorme di materie prime con cui sbizzarrirsi.

Lo scorso maggio sei stato l’ospite d’onore del Tuscany Spirit Festival alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, dove ti è stato conferito il “Premio TUSCANY AMBASSADOR 2024” assegnato per il prezioso lavoro di divulgazione degli Spirit Toscani. Che effetto ti ha fatto ricevere questo riconoscimento

Per me questo premio ha un valore particolare, perché per la prima volta non sono premiato per qualcosa che “ho fatto”, come ad esempio può accadere vincendo una gara di cocktail.
Ma sono stato premiato per ciò che sono. Da quando ne ho avuto la possibiltà ho sempre cercato di promuovere prima la mia città e poi la nostra regione come terreno florido e interessante nel mondo, non solo della miscelazione ma soprattutto della produzione di liquori e distillati. L’ho fatto nella maniera più naturale possibile, semplicemente “parlando bene di…” e cercando di fare rete e di far conoscere le realtà nei limiti delle mie possibilità. Dandomi questo premio è come se tutto ciò fosse stato riconosciuto e apprezzato, ed è per questo che ne vado molto orgoglioso.

Julian Biondi Premio Tuscany Ambassador 2024 al Tuscany Spirit Festival di Pietrasanta

PIACERE, JULIAN BIONDI!

“Cresciuto dietro i banconi della mia città (Firenze), ho iniziato a fare il barman durante i miei studi in Comunicazione, Media & Giornalismo, per poi farne un mestiere a tempo pieno dopo la laurea.
Ho avuto modo di unire le due cose, iniziano nel 2016 a scrivere per Bargiornale, rivista con la quale tutt’ora collaboro, insieme a nuove collaborazioni con Versanti e Gambero Rosso. Nel 2021, sempre con Gambero Rosso, inauguro la mia serie televisiva ‘viaggi di spirito’, un percorso alla scoperta delle microdistillerie, dei liquorifici e delle tradizioni alcoliche di città in città. Parallelamente inizia la mia carriera da libero professionista, come consulente per locali e aziende di beverage, e quella come formatore all’interno dell’Accademia di Arti Culinarie Cordon Bleu. Nel 2022 inizia, insieme a due soci, il progetto Fermenthinks, la distilleria e liquorificio nel comune di Firenze. Interessando soprattutto

a tematiche ambientali, nel 2023 apro insieme a mia moglie Anastasia ‘Seeds Pop Up’ un format di

cocktail bar itinerante legato alla sostenibilità.”

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