20 ANNI DI ENOTECA GIULIA

IL SORRISO E LE ‘PALABRAS’ DI GIULIA FRANCHI PER CELEBRARE IL COMPLEANNO DELLA SUA ENOTECA CON CUCINA TOSCO-SPAGNOLA A FORTE DEI MARMI

Forte dei Marmi, Marzo 2024

Davanti ad un calice di buon Cava spagnolo inizio a chiacchierare amabilmente con Giulia Franchi, che mi parla con grande trasporto dei 20 anni che si ha compiuto lo scorso 1 aprile la sua amata creatura fortemarmina, l’Enoteca Giulia, quell’ameno e sfizioso locale con cucina tosco-spagnola che a Forte dei Marmi miete successo per il suo essere una nuvola di originalità e piacevolezza.

I clienti, di cui la maggior parte ne diventano amici, sono tutti innamorati di lei, questa solare versiliese dal capello corto e dal sorriso contagioso che ha visto prepotentemente e piacevolmente piombare la Spagna nel proprio destino, sia in ambito amoroso che professionale.

Giulia con il marito Puchi

Giulia sa accogliere con garbo e semplicità, con un’allegria mai invasiva e misurata che mette a proprio agio e di buon umore anche l’avventore più stressato e nervoso: si siede ai colorati tavoli sulla pedonale, oppure nei divanetti delle più intime sale, ed esce felice.

Per festeggiare, tra qualche giorno, all’Enoteca Giulia si stapperà una celebrativa sei-litri di champagne Bollinger, abbinata a qualche tapas e paella. E Giulia, con il suo Puchi e con il suo staff, sarà lì col calice in mano, magari per raccontarvi qualche storia o aneddoto di questi 20 anni che a noi, taccuino alla mano, ha svelato con la consueta gentilezza mista a simpatia.

Enoteca Giulia, i tavoli in strada

DA UNA FAMIGLIA DI VERI VERSILIESI

 

– Giulia, di dove sei originaria

Sono nata a Pietrasanta e sono di Pozzi, località nel comune di Seravezza. Mio padre è fortemarmino, nato proprio a Forte dei Marmi come indica anche – e sorride – il suo codice fiscale. Mia mamma è di Pozzi, anche se la sua famiglia proviene dalla Garfagnana, dal paesino di Chiozza.

 

GLI STUDI

 

– Che scuole hai frequentato

Guarda, io, che avevo le idee chiare sin dall’inizio, avrei voluto fare il liceo linguistico a Viareggio ma i miei, per vari motivi, mi convinsero a fare ragioneria. Ragioneria che io non ho mai amato, per niente, l’ho anche odiata! Anche se devo dire che adesso, nell’amministrazione del mio lavoro, un po’ mi serve quell’insegnamento ricevuto.

– E dopo ragioneria?

Dopo, però, mi sono scelta la facoltà universitaria, Lingua e Letterature Straniere a Pisa, dove all’inizio feci un po’ di fatica, non avendo fatto latino e greco ed avendo studiato precedentemente solo inglese commerciale. Furono anni di studio impegnativi inizialmente.

– Risultato finale?

Alla fine riuscii a laurearmi con 110.

L’AMORE PER LO STARE AL PUBBLICO

 

– Da quando hai iniziato a lavorare

Ai tempi dell’università decisi di andare a Londra per un anno e mezzo, bellissima esperienza, da sola, lavoravo ad un panetteria-caffetteria, servivo e poi preparavo panini, piatti freddi, cappuccini.

– Quindi questa fu la tua prima esperienza lavorativa?

In realtà no. La primissima in assoluto fu al bar di Pozzi della zia Lelia! La nostra casa era collegata al bar della zia, che era il classico bar di paese. Pensa, avevamo una porta di casa che era proprio collegata al bar.

– Come si chiamava il bar

Bar Battilò, mia zia lo ha gestito per ben 60 anni. Io all’epoca ero una ragazzina, ovviamente non ci lavoravo, ma quando c’era da tappare magari un buco di 5 minuti, andavo al banco e facevo un caffè o il tipico bersagliere, abitando lì, davo inevitabilmente una mano al bar. E chiacchieravo con tutti, eravamo tutti una grande famiglia.

– Ti è servita quell’esperienza?

Io devo molto a quel bar di paese, per me è stata una scuola di vita perché mi aveva fatto capire che in mezzo alle persone ero proprio a mio agio, ci stavo bene.

– Hai capito di essere una persona aperta

Esatto, aperta. Però, attenzione, essere aperti non significa necessariamente essere anche estroversi. Io, ad esempio, sono un po’ riservata come persona, mi piace tantissimo stare a contatto con le persone, però – sorride – non devi oltrepassare il confine mio.

una saletta di Enoteca Giulia (foto Giulio Paladini)

UN PO’ DI DNA

 

– Quindi un Dna di famiglia il tuo, visto che hai avuto come precursore la zia Lelia nell’ambito dell’accoglienza

 

Non solo lei. Forse un po’ del mio Dna viene anche dal lato di mio babbo dato che sua mamma, mia nonna Franca, ha gestito per molti anni Il Platano a Vittoria Apuana, ristorante storico del Forte.

 

LA SPAGNA NEL PROPRIO DESTINO

 

– Giulia, a te piace proprio la Spagna eh?

Io dico sempre – e ride – questa semplice frase: “la Spagna mi ha travolto e mi ha stravolto!”

– Racconta

Tutto è partito nel 1994, con il mio anno di Erasmus a Valladolid, quando conobbi Maria, compagna di università, la sorella di quello che poi sarebbe diventato mio marito, Puchi, che però conobbi in realtà solo qualche anno dopo.

– Ma, mi dicevi prima, anche di un’esperienza catalana

Sì, dopo essermi laureata sono andata a lavorare a Barcellona, facevo traduzioni e lezioni d’italiano agli spagnoli in scuole private. Al pomeriggio invece insegnavo la grammatica e i termini tecnici in italiano agli imprenditori e uomini d’affari spagnoli che avevano un business legato all’Italia. E, sempre a proposito di insegnamento, ho trascorso un periodo di qualche mese anche a New York, a Brooklyn e Manhattan, dove davo lezioni private a studenti newyorkesi.

PUCHI CASTIGLIANO DI VALLADOLID

 

– Parlaci del tuo amato e altrettanto solare marito Puchi, all’anagrafe Riccardo Sanchez, sommelier Ais e maestro cortador de jamon. Che apporto ha dato all’Enoteca

L’Enoteca Giulia è l’Enoteca Giulia perché c’è anche Puchi.

– Sin dall’Inizio?

Si, solo che non è stata una figura fissa. Anzi, a dire il vero diciamo che l’enoteca l’ho aperta io da sola, e anche nei primissimi mesi ero da sola.

– Mi verrebbe da chiederti: por qué?

Perché all’epoca Puchi – e ride di gusto – aveva purtroppo il mal di Spagna! Spagna dalla quale non riusciva a distaccarsi. Veniva qua e tornava là di continuo, aveva questa difficoltà a lasciare il suo paese.

– Poi?

Ricordo che un’estate si stabilizzò qua e – continua ridendo – capitava qua al locale però con i suoi orari spagnoli! A volte, la sera – dice divertita – arrivava qua all’enoteca alle 10 e mezzo quando oramai il servizio era quasi tutto finito. Io e la mia fida Federica lo brontolavamo, seppur bonariamente e scherzandoci su.

– Successivamente la presenza di Puchi è andata in crescendo

Negli anni successivi Puchi non ha fatto mai mancare la sua presenza, nei fine settimana, le sere d’estate, e devo dire che Puchi, quando c’è, si nota, perché si avverte la sua allegria castigliana.

– Adesso è al tuo fianco in pianta stabile?

Sì, esattamente dal 2019.

LA FAMIGLIA

 

– Giulia, avete due splendidi bambini

Adele Pilar ha quasi 17 anni, Marco Eloy quasi 11. Mi piace specificarti il loro nome perché è quello dei loro nonni. Adele come mia mamma e Pilar come la nonna che ha fatto da mamma a Puchi. Marco come mio padre ed Eloy come il babbo di Puchi. Adele, studente, in estate viene a lavorare nei fine settimana con noi.

Giulia Franchi con la piccla Adele Pilar nel vecchio locale
Giulia Franchi con la sua splendida famiglia

ENOTECA GIULIA, PRIMO APRILE 2004

 

– Dai, parlaci dell’inaugurazione dell’Enoteca

Ho aperto l’Enoteca il primo aprile del 2004, mi ripeto sempre che mi sono fatta un bel pesce d’aprile!

– Come si presentava il locale

Si trattava di un’enoteca senza cucina, un negozio vero e proprio con, in più, degustazioni di salumi e formaggi in abbinamento ai vini italiani e spagnoli anche se, pensa un po’, di spagnolo avevo appena due etichette della Rioja, due della Ribera del Duero e una bollicina di Cava.

– Cosa si mangiava

Avevamo solo piatti freddi ma abbiamo sempre puntato su ottimi prodotti, ricordo che Puchi affettava di continuo Pata Negra e altri salumi spagnoli. Poi pian pianino abbiamo introdotto le acciughe del Cantabrico, il peperone del Piquillo, il queso manchego quando a quei tempi, da noi in Versilia, non si sentiva ancora parlare di prosciutti e prodotti spagnoli.

– Originale no?

Penso che una forza dell’Enoteca sia proprio stata quella di non adeguarsi allo stile fortemarmino, ai seppur buonissimi spaghetti alle arselle, alle fritture miste, abbiamo sempre cercato di proporre qualcosa di diverso, questa bella contaminazione toscana-spagnola che ci potesse caratterizzare. Anche perché, sai cosa ti dico?

– Prego

Credo che per quegli splendidi piatti di mare c’erano già i mostri sacri che li facevano benissimo!

Poi, però, più avanti negli anni, feci un tentativo, iniziai a mettere in carta la paella, la proponevo solo il martedì, di pesce, e il giovedì, mista carne e pesce. Riscontrai grandi apprezzamenti da parte dei clienti, e questo mi spinse al passo successivo…

L'esterno del vecchio locale

ENOTECA GIULIA 2009, SI CUCINA!

 

– Ecco così che nel fatidico 2009 l’Enoteca amplia i suoi spazi e mette su la cucina, un cambiamento, questo, decisivo

Verissimo! Così, a fianco delle già apprezzate paellas, ecco le nostre tapas calde, la pasta fatta in casa, facevamo i cappellacci con il queso manchego e il prosciutto serrano, il baccalà pil pil, il pulpo alla gallega, le nostre oggi insostituibili croquetas, insomma, tanta Spagna e Toscana che finalmente iniziamo a proporre in versione cucinata.

La cuoca Federica Manfrini

ENOTECA GIULIA 2017, IL RESTYLING

 

– Prima del Restyling del 2017 parlaci di come si presentava la tua Enoteca old-style

La vecchia Enoteca era molto rustica, con il legno dominante, le botti, le seggiole colorate, le casse dei vini attaccate alle pareti, la pietra del cardoso, la tenda verde. Me la ero pensata e arredata da me.

Ricordo che feci arrivare appositamente da Siviglia gli Azulejos, le tipiche piastrelle di ceramica.

– Perché nel 2017 decidesti di ristrutturare e rifare il locale

Il restyling fu anche una necessità pratica, perché dovevamo rifare gli impianti. E poi ampliare gli spazi per il pubblico, e per la cantina che nel frattempo aveva visto aumentate parecchio il numero di etichette e che quindi decidemmo di fare ex-novo nel sottosuolo, con lavori molto importanti.

– Anche la cucina fu modificata

L’ampliamento fu fatto anche per la cucina che prima era davvero piccola.

– Chi è stato l’artefice del restyling

Ci siamo affidati all’architetto Michelangelo Chiti, che nel suo concetto – così ci disse – volle aprire l’Enoteca Giulia al mondo. Con ampie vetrate ha fatto entrare la luce che richiama la luce dei posti di mare, poi ha utilizzato i colori che si trovano al Forte come il bianco, l’azzurro, il blu.

L’ENOTECA GIULIA OGGI

 

– Facci una foto dei tuoi spazi oggi

Le due salette allungate, ai lati del corpo centrale, hanno tavoli bianchi e comode poltroncine blu, con altre sedute molto particolari. Restano le immancabili casse in legno dei vini alle pareti, poi abbiamo un piccolo e grazioso giardino d’inverno, la cucina a vista, bottiglie appese, il bancone del bar con, di fronte, un lungo  tavolo con sgabelli per mangiare ‘alla barra’. Infine il dehors con i tavoli sulla strada pedonale.

– E la cantina?

Sotto, interrata e climatizzata, c’è la stanza dell’enoteca vera e propria, con tantissime bottiglie sugli scaffali e un tavolo conviviale al centro.

– Chi abbiamo oggi in sala e in cucina?

In sala, oltre a me e a Puchi, la sommelier Silvia, Chiara e Miranda. Da qualche anno, ai fornelli, mia fedelissima e storica collaboratrice visto che lavora qua da vent’anni, c’è la cuoca Federica Manfrini affiancata da Alessandra ed Eleonora.

– Il tipo di cucina

La nostra è una cucina tradizionale, toscana e molto, molto, spagnola. E ci piace tantissimo anche  mescolare piatti della tradizione classica italiana con ingredienti spagnoli.

– Parlaci della tua carta dei vini

In enoteca abbiamo quasi 1000 etichette di cui, le abbiamo contate da poco, oltre 200 sono spagnole,  conosciute e acquistate dopo i nostri numerosi viaggi in Spagna.

Le Croquetas

BOTTA E RISPOSTA CON GIULIA

 

– Giulia, prendi idealmente ‘una copa de vino en la mano’, e dimmi: la tua bollicina spagnola preferita

Cava Juvé & Camps. Ma anche i Cava di Augustì Torellò e quelli di Recaredo, un biodinamico che ho scoperto non molto tempo fa.

– Un bianco spagnolo

Ti parlo di vitigni che amo. Tantissimo il Godello, poi l’Albariño e il Verdejo.

– Un rosso

La mia regione vinicola del cuore, anche perché è la regione di Puchi, è la Ribera del Duero. Ma apprezzo tanto anche la Rioja.

– Pata Negra o prosciutto italiano?

Dipende. Adoro il Pata Negra come anche i nostri italiani.

– Il piatto preferito tra i tuoi spagnoli che hai in carta

Le nostre croquetas de jamon serrano! E anche l’ensaladilla russa alla spagnola, ovvero con base di carote e patate bollite cui aggiungiamo il tonno e l’uovo. Mescoliamo tutto e noi la serviamo con il gambero a parte, non nel ripieno come fanno in Spagna. Ma mi piace tantissimo anche la nostra paella, specie quella con l’astice fresco che facciamo su ordinazione.

– E quando vai in Spagna cosa cerchi e cosa mangi?

Tapas, tapas, tapas. Ne vado pazza.

– E allora raccontaci del ’surtido de tapas’, il misto di assaggi che servite qua all’Enoteca

Lo abbiamo modificato da poco, facciamo un po’ girare le nostre tapas. Adesso abbiamo la crocchetta di carne e chorizo di pata negra, peperone del piquillo ripieno di brandade di baccalà, foie gras al Pedro Ximénez con sale alla vaniglia e composta di mela, l’acciuga del Mar Cantabrico abbinata al burro al tartufo di Savini su una lamina di pane croccante, l’ensaladilla russa con le olive ripiene d’acciuga o con i Piparras che sono peperoncini dolci dei Paesi Baschi.

Oltre a questo surtido abbiamo poi, in carta, altre numerose e sfiziose tapas a porzione.

1 Comment
  • Milva Cavazza
    Pubblicato alle 21:05h, 02 Aprile Rispondi

    Il commento è che ho una gran fame😋😉❤️ tornerò. Sempre mille problemi ma tornerò. Il trombettista Fabrizio Bosso è rimasto entusiasta del Patanegra che mi avete venduto e che gli ho regalato prima del concerto! A bientot!

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